L’Italia guadagna 12 punti dal 2012 ad oggi, lasciando la sufficienza ancora lontana e molti problemi strutturali irrisolti
L’Italia è cinquantunesima nel mondo con un punteggio di 53 punti su 100 nel ranking della percezione della corruzione di Transparency International. Guadagna un voto e due posizioni rispetto all’anno scorso, appaiata ad Arabia Saudita e Ruanda, e un gradino sotto a Malta.
La classifica del Cpi (indice di percezione della corruzione in 180 Paesi) segnala due questioni: è lontana la sufficienza pur avendo guadagnato 12 punti dal 2012 e rallenta la scalata alla classifica, dominata anche quest’anno da Danimarca e Nuova Zelanda. Al primo posto nella classifica dei Paesi meno corrotti del mondo c’è la Nuova Zelanda, seguita da Danimarca, Finlandia, Svizzera, Singapore, Svezia, Norvegia, Olanda, Lussemburgo e Germania. In Europa Bulgaria, Romania e Ungheria occupano le ultime posizioni della classifica continentale. L’Italia è dietro a Paesi come Bhutan, Botswana, Corea del Sud, Ruanda. Tutti meno corrotti del Belpaese.
Tra le questioni che vengono rimproverate all’Italia, la mancanza di una «regolamentazione del lobbying e dei conflitti di interesse», temi dei quali «sentiamo parlare da anni» ma su cui «ancora il Parlamento tace». Inoltre, «non è certo un buon esempio di trasparenza la recente abolizione degli obblighi di comunicazione dei redditi e dei patrimoni dei dirigenti pubblici». Si tratta, in realtà, di un congelamento delle sanzioni contenuto nel decreto Milleproroghe. Ultimo tema, la necessità di un codice degli appalti «più semplice ed efficace».